Se la primavera è silenziosa, senza cinguettare di uccelli, ronzare di insetti, battere di ali di farfalla, non è di certo un buon segno.
di Nicoletta Fascetti Leon
La tosaerba è bandita dai nostri prati per il mese di maggio. Immagine © Daniel Watson, Unsplash
Ce lo ha spiegato bene, già nel 1962, la biologa americana Rachel Carson nel suo noto lavoro intitolato, appunto, “Primavera silenziosa”.
Quasi a seguire il monito di Carson, da qualche anno nel Regno Unito si è diffusa una curiosa campagna ambientalista - che ricorda un po’ il nostrano “Mi illumino di meno” per la riduzione dei consumi energetici - con l’obiettivo di spegnere le tosaerba, non solo per un giorno, ma per l’intero mese di maggio.
Si chiama “No Mow May”, ossia, “A maggio non sfalcio”, per lasciare crescere indisturbate l’erba e le piante del giardino di casa. È una celebrazione simbolica, ma non solo. L’iniziativa, avviata nel 2019 dall’organizzazione no-profit Plantlife, sostiene che un giardino più selvatico può aiutare la riduzione dell’inquinamento, la difesa della biodiversità e il contrasto alla crisi climatica.
Questa pratica, che può seguire senza costi o sforzi chiunque abbia un piccolo giardino, non solo regala spazio a fiori selvatici rari, ma fornisce anche habitat e cibo per uccelli, impollinatori e invertebrati, imprescindibili alleati per un ecosistema sano.
I prati selvaggi sono un habitat ideale per la riproduzione e il nutrimento dei bruchi da farfalla. Immagine © Marian Florinel Condruz, Pexels
A rinforzare la manifestazione di questo maggio arriva un nuovo studio britannico, pubblicato su Science of the Total Environment, secondo il quale lasciare prati e giardini incolti favorirebbe l’aumento del numero di insetti del 93%.
Lo studio dal titolo “Wildlife-friendly garden practices increase butterfly abundance and species richness in urban and arable landscapes”, parte dall’allarmante dato registrato in tutto il mondo, di un drastico calo degli insetti, come api e farfalle. Un terzo delle specie sarebbe, addirittura, a rischio estinzione, con conseguenze catastrofiche per la biodiversità e in ultima analisi per la vita dell’uomo. In questo contesto, i giardini residenziali privati potrebbero fornire rifugio alle specie in fuga a causa della perdita di habitat, dell’uso di pesticidi, dell’inquinamento e dei cambiamenti climatici.
Uno spazio verde nel contesto urbano. Immagine © Ryutaro Tsukata, Pexels
La conclusione degli scienziati dell’organizzazione Butterfly Conservation è che le pratiche di giardinaggio rispettose della fauna selvatica aumentano l’abbondanza di farfalle e la ricchezza di specie nei paesaggi urbani e agricoli. Benvenuti, dunque, ai cartelli nei prati che dichiarano: “Pardon our weeds we are feeding the bees” (“Scusate la nostra erba alta stiamo nutrendo le api”, ndr).
Per fare più felici api e farfalle, probabilmente, non basterà un prato non tosato per un mese, ma è pur sempre un inizio. In Europa, Consiglio e Parlamento stanno lavorando da anni alle norme che dovrebbero contribuire a ripristinare e preservare gli habitat degradati nei paesi UE, proprio per promuovere la biodiversità. Tra i vari obiettivi, è previsto il tentativo di invertire il declino delle popolazioni di impollinatori, entro il 2030. Tuttavia, l’attuale stallo dell’approvazione della Nature Restoration Law - a causa del ripensamento di alcuni paesi inclusa l’Italia e ad un passo delle elezioni europee - è un segnale d’allarme.
Gli impollinatori, fondamentali per la produzione del cibo, sono una specie a rischio di estinzione. Immagine © Aaron Burden, Unsplash
L’iniziativa No Mow May, partita come invito ai privati, ha coinvolto negli anni anche alcune amministrazioni comunali. Per il 2024, secondo Plantlife, in Inghilterra 40 comuni hanno aderito all’iniziativa decidendo di lasciare che la vegetazione di alcune aiuole e parchi cresca liberamente.
Molte altre città europee sono coinvolte quest’anno, da Milano a Parma, da Vienna a Barcellona. La decisione a Milano ha aperto un certo dibattito anche di voci contrarie. La sintesi è stata trovata grazie alla semplice constatazione che il verde incolto è bello, fa bene all’uomo e all’ambiente ed è pure più economico. Speriamo che anche la politica nazionale ed europea possa trarre una simile conclusione.