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Carmageddon: la fine delle macchine nelle città

5 dicembre 2023

Dalla Francia all’Olanda, dal Giappone al Messico, molti centri urbani sono impegnati a promuovere un trasporto più sostenibile e bike-friendly per la felicità di cittadini, amministratori e ambiente.

 

di Nicoletta Fascetti Leon

 


Passeggiata per Tokyo. Foto © febereffe

 

È possibile trasformare una città, ridisegnarla a misura d’uomo, liberarla da tubi di scarico, traffico, clacson, e inutile stress? Il giornalista Daniel Knowles, nel suo libro “Carmageddon: how cars make life worse and what to do about it”, sostiene che solo Tokyo, per ora, c’è riuscita. Nella capitale giapponese, tra le città più ricche al mondo, le biciclette sono più diffuse delle auto, affiancate dagli efficientissimi mezzi pubblici. Anche se il modello asiatico, per una serie di ragioni, non è facilmente esportabile, dimostra, secondo l’autore, che anche le grandi città possono funzionare senza restare ingolfate nel traffico.

 

In effetti, alcuni tentativi sono già in corso, per la felicità di cittadini, amministratori e ambiente.

 


Una strada del centro di Tokyo. Foto © febereffe

 

Il primo caso riguarda una capitale europea, ma no, non vogliamo parlarvi di Copenaghen, ormai noto e indiscusso modello a misura di bicicletta. Piuttosto parleremo della “copenaghenizzazione” di altre città, come nel caso della Ville Lumière, recente protagonista, nel corso degli ultimi 20 anni, di una vera e propria trasformazione.

 

Parigi, ancora lontano dall’essere la città ciclabile perfetta, sembra dimostrare che sbarazzarsi delle auto è possibile. Basta volerlo, programmarlo e perseverare. È quello che ha fatto la neoeletta sindaca nel 2015, Anne Hidalgo, mettendo a terra un programma da 150 milioni di euro per nuove infrastrutture ciclabili e per l’acquisto di e-bike per i residenti. Nel 2016, l’autostrada lungo la Senna è stata chiusa e trasformata in un’area pedonale e ciclabile. Pochi anni dopo, Rue de Rivoli, una delle strade più centrali e trafficate della città, è diventata un boulevard riservato alle bici.

 

E non è finita qui. Il 72% dei parcheggi per le auto ha lasciato il posto alle rastrelliere. Il numero dei ciclisti è poi esploso a seguito della pandemia, con la conseguente comparsa di piste ciclabili pop-up.

 


Rue de Rivoli liberata dal traffico. Foto © Nicoletta Fascetti Leon

 

I cambiamenti non hanno solo portato più biciclette nelle vie parigine. Hanno anche premiato la sindaca che è stata rieletta nel 2020, promettendo di continuare la sua audace riprogettazione di una “città da 15 minuti”, come teorizzato dall’architetto Carlos Moreno, secondo il quale tutti i servizi essenziali dovrebbero essere raggiungibili con brevi spostamenti. L’anno successivo alla sua rielezione, Hidalgo ha annunciato un investimento di 250 milioni di euro per ulteriori infrastrutture per la bicicletta.

 

Il risultato è che tra il 2020 e il 2021, il traffico ciclistico a Parigi è cresciuto del 70%, mentre il possesso di auto è sceso dal 60% al 35%, contribuendo a ridurre le emissioni di gas climalteranti della città di circa il 20%. Un traguardo non da poco se si considera l’estensione e il sovrappopolamento della metropoli francese.

 

Se Parigi resta ancora una città troppo grande e caotica per essere l’ideale per la due ruote, non mancano esempi ancora più incoraggianti, specie nell’Europa del nord. Bruxelles vanta l’area pedonale più grande del continente, mentre le città olandesi - per citarne alcune, Amsterdam, Utrecht, Den Haag - sono sempre tra le prime nelle classifiche di ciclabilità al mondo.

 


Uno dei tanti negozi per ciclisti a Bruxelles. Foto © Nicoletta Fascetti Leon

 

In questo panorama, non se la passa male neanche Groningen, con i suoi 230.000 abitanti - un quarto dei quali studenti e metà residenti under 35 – che vanta il tasso di ciclisti più alto al mondo e, nel 2021 è stata eletta la città con l’ambiente più sano in cui vivere nei Paesi Bassi. Qui i due terzi degli spostamenti complessivi vengono fatti in bicicletta ma questo non basta ai suoi amministratori, impegnati nel ridisegnare le strade cittadine per dare ancora più spazio a bici, pedoni e bambini.

 

La città di Groningen, di origine medievale, è anche una città in espansione. Ciò vuol dire che gli spostamenti crescono e sempre più spazio pubblico viene occupato per la mobilità. Per capovolgere questo assioma e liberare la città dalle automobili private – il mezzo di trasporto che occupa più spazio – il vicesindaco Philipe Broeksma ha una ricetta chiara. In primo luogo bisogna ridurre il limite di velocità nelle aree urbane, per poi dare una nuova forma alle strade, rimuovendo l’asfalto e rimpiazzandolo con aree verdi, aree gioco e luoghi di aggregazione. Promuovere spostamenti che occupano meno spazio come quelli in bicicletta, che sono puliti e salutari, significa restituire ai cittadini aree urbane più attraenti, godibili e, anche, resilienti ai fenomeni del clima.

 


Una station per il bike sharing urbano. Foto © fxquadro, Freepik

 

Lo conferma persino l’Organizzazione Mondiale della Salute che quest’anno ha riservato un riconoscimento a Città del Messico, “per il miglioramento della sicurezza stradale e della mobilità attiva e sicura con l’avvio di una pista ciclabile su una strada trafficata che ha portato a un aumento del 275% dei ciclisti”.  In effetti, l’attuale capo del governo di Città del Messico, Claudia Sheinbaum Pardo, è impegnata a migliorare la mobilità in città, con la convinzione che la bicicletta sia una chiave di volta.

 

Forse, l’ora del carmageddon è iniziata.

 

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