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Less is more. Costruire in semplicità

19 settembre 2023

L’epoca post pandemica sta delineando esigenze abitative inedite, dove la realizzazione di spazi essenziali, senza particolari connotazioni ‘personali’ date dai progettisti, sta portando ad un nuovo orizzonte progettuale.

In questo articolo viene descritta la realizzazione di una casa nata da presupposti molto particolari, un edificio minimalista che serve da sfondo alla creatività dei proprietari.

 

di Carlo Ragaglini

 


La scala interna al livello 2. Foto © Carlo Ragaglini


La presentazione dell’edificio di questo articolo non nasce dall’ostentazione di un’opera di architettura fine a se stessa, ma dalla consapevolezza di aver dato qualcosa su cui poi poter far lavorare la creatività dei proprietari, una coppia di cittadini americani che alcuni anni fa hanno deciso di vivere in Italia, lontano dalle città e nel cuore dell’Appennino, tra i boschi e la natura.

 

Il progetto e la costruzione vennero fatti da me, la genesi era particolare, non si voleva un edificio “originale”, al contrario la mano dell’architetto doveva quasi scomparire per fare spazio ad una tela narrante che i proprietari volevano raccontare con protagonista la loro nuova vita italiana.

 

Mi recai nella location scelta per il nuovo edificio, era una porzione ultima di lotto alla fine di una schiera di casette di un piccolo paese inserito nel club “I borghi più belli d’Italia” (www.borghipiubelliditalia.it ), nel posto più impervio dell’abitato, dove nessuno voleva andare a vivere perché non era possibile arrivarci con la macchina. Tralasciando le difficoltà logistiche e di cantiere (far arrivare mezzi e maestranze a lavorare non era semplice), il sito aveva però tante qualità estetiche invidiabili: era praticamente immerso nel bosco secolare che circonda il paese, lontano da qualunque rumore e distrazione, immerso in una dimensione ovattata e diversa da quella a cui siamo abituati.

 

Lo spirito che mi guidò fu esattamente il contrario di quello che comunemente fa un architetto. Mi misi a tracciare un disegno, poi un altro poi un altro e capii di sbagliare tutto. Se volevo davvero fare un servizio ai miei clienti dovevo sottrarmi e pensare a quello che loro davvero volevano.

 

Progettare in Italia è molto più complesso di quanto possa sembrare, in qualunque comune sperduto esistono sempre mille e mila leggi che, di fatto, portano le scelte tipologiche alle stesse conclusioni; questo è forse anche uno dei motivi dell’appiattimento estetico che viviamo passeggiando nelle nostre città. Alla fine presi la palla al balzo e disegnai l’ingombro massimo consentito ricavando tre piani di circa 40 mq ognuno, lasciai lo spazio ottenuto senza partizioni interne, ad eccezione del servizio igienico, presente in ogni livello per dare maggiore comodità agli abitanti senza dover fare le scale. Sarebbe stato poi lo spazio riempito dagli arredi e dal gusto dei proprietari a dare la giusta connotazione all’ambiente interno.

 


Il livello 1 con in evidenza la parete di roccia e le fondazioni. 
Foto © Carlo Ragaglini


Nella realizzazione delle aperture si preferì fare due grandi vetrate sull’angolo dell’unica stanza nella posizione rivolta verso il bosco, sia per dare maggiore profondità alla percezione interna, sia per poter sfruttare meglio lo spazio. Altre finestre, più piccole sono a tutta altezza per non interrompere la vista all’esterno e alcune guardano la parete di roccia che è limitrofa all’edificio (si è preferito non toccare per quanto possibile la natura intorno).

 

Nel progetto esiste un unico elemento che diventa protagonista, è la scala di collegamento. Spesso in queste piccole case viene posta in posizione laterale, quasi nascosta per non dare fastidio. Se ne fece la parte principale del progetto. Assieme ad una giovane ingegnera strutturista realizzammo un manufatto staccato dal bordo della parete laterale, cercando in tal modo di alleggerirne la presenza nella sala. La mensola pare infatti sospendersi nello spazio.

 

 


La casa dopo il suo completamento: gli arredi interni formano installazioni temporanee che cambiano nel tempo. Foto © Carlo Ragaglini


Durante le fasi di costruzione scoprimmo il muro perimetrale dell’ultima casa della schiera esistente, rimuovendo l’intonaco superficiale notammo la stratificazione che le murature avevano avuto nel corso dei secoli. In epoca antica le case erano più basse, i muri nascevano direttamente dalle rocce del suolo, come a dargli una base. Man mano che le strutture avanzavano e si sovrapponevano mutava anche la composizione del muro: da incerto a elementi più raffinati. Alla fine, in posizione elevata il muro era apparecchiato con mattoni e pietre sagomate e squadrate.

 

Pensammo che la cura profusa in questo muro potesse essere un elemento caratteristico del nuovo edificio. Lo lasciammo grezzo, esso era accanto alla nuova scala dove la percorrenza diventa la visione di tutte le fasi della sua realizzazione, partendo dal livello terreno sino all’ultimo piano. Una sorta di “promenade architecturale” ma dell’edilizia storica.

 

Questo aspetto del progettare era interessante: la casa non nasceva da un’idea a tavolino, ma da quel luogo. Volevamo dire che essa era proprio lì che doveva essere costruita, e in nessun altro posto.

 


In inverno la casa diventa una serra con piante sempre verdi. Foto © Carlo Ragaglini

 

Esternamente la casa aveva un piccolo terrazzo che era sagomato perimetralmente dalle rocce della scarpata, diventando una sorta di naturale recinto. Dopo la costruzione tutta la natura intorno si era immediatamente rimpossessata del sito, aveva riabbracciato questo piccolo manufatto a se stessa.

 

Questa casa non aveva niente, eppure aveva tutto perché i proprietari iniziarono la seconda parte della progettazione, era finita la prima ed adesso iniziava la seconda con l’allestimento della vita al suo interno.

 

Ritornando alcuni mesi dopo vidi gli enormi cambiamenti apportati, tutte le pareti bianche vennero allestite in una sorta di mostra che la proprietaria amava allestire, quando arrivai c’era una collezione di antichi e moderni scolapasta, con un risultato assai bizzarro.

 

Il piano terreno divenne un locale per la coltivazione di lumache, che nel frattempo amavano stare nel giardino intorno alla casa. Tutto venne naturale, e la casa prese vita propria anche senza idee performanti iniziali. Tutto stava nel saper modulare le richieste dei proprietari alle loro aspettative. Questo articolo vuole essere un esempio per altri colleghi che si cimentano con l’edilizia domestica e, contemporaneamente, un punto di riflessione su un prossimo futuro abitativo, lontano magari da stress e da programmazioni, lasciando che la vita scorra e che i cambiamenti e le sue modifiche possano coesistere con il nostro lavoro.

 

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