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Chipperfield, il Pritzker e la sindrome dell’impostore

21 marzo 2023

Per David Chipperfield, architetto britannico, il 2023 è un anno importante: spegne 70 candeline e si aggiudica il Premio Pritzker, il più importante riconoscimento internazionale per l’architettura.

 

di Nora Santonastaso



Sir David Chipperfield, vincitore del prestigioso Premio Pritzker per l’Architettura 2023. Foto ©  Tom Welsh via pritzkerprize.com


"Non ho un talento creativo innato, Renzo ce l’ha. Forse anche Frank Gehry o Alvaro Siza. Quindi in questo senso mi sento un pochino falso" (a little bit fake, forse l’originale rende meglio). Mi sembra incredibile - e spero che lo sembri anche a voi - che queste parole siano estratte da un’intervista fatta nel 2020 a sir David Chipperfield, vincitore del Premio Pritzker per l’Architettura 2023, pubblicata come podcast dalla piattaforma Dezeen.

 

Se però leggiamo insieme le motivazioni che hanno condotto la giuria all’assegnazione a Chipperfield del più importante riconoscimento internazionale per l’architettura, riusciamo forse a calare le sue parole in quel contesto di sobrietà ed elegante understatement che collocano l’architetto britannico, classe 1953 (dunque 70 candeline proprio quest’anno), in un ambito nettamente diverso rispetto a quello, più rumoroso e forse più diffuso, nei racconti e persino nelle condivisioni social, di alcune archistar.

 

Del lavoro di Chipperfield la giuria del Pritzker parla infatti come di capacità di tenersi alla larga da tendenze e mode passeggere e di improntarsi a una sorta di austerità elegante e raffinata. Tom Pritzker, presidente della Hyatt Foundation, rileva come Chipperfield misuri i risultati dei suoi progetti in base al benessere sociale e ambientale per migliorare la qualità della vita di tutta la civiltà.

 

Ciò che interessa a Chipperfield - e che impronta le sue opere disseminate in quasi tutti i continenti del mondo - è dunque calare l’impegno e la determinazione nel realizzare la migliore delle architetture possibili mediando il rapporto tra storia e attualità e tra costruito e società. Nulla di egoriferito, dunque, né di fine a se stesso, ma ricerca di connessioni e di strategie per interpretare l’attualità attraverso l’architettura, offrendo soluzioni e possibilità.

 



Uno dei ponti panoramici di Veles e Vents, l’edificio realizzato da Chipperfield a Valencia in occasione dell’America’s Cup 2007. Foto © Richard Walch

 

Nella caldissima estate del 2014, ad agosto, ero a Valencia per un weekend alla scoperta della città. Proprio lì, nel 2007, si era svolta una delle edizioni dell'America's Cup, la prima organizzata in Europa dopo 150 anni di assenza.

 

Per l’occasione lo studio Chipperfield progettò un edificio - con il parco annesso, il tutto completato in soli 11 mesi di cantiere a partire dalla vittoria del concorso di progettazione nel giugno 2005 - che ripercorro nelle mie foto come una serie di ampi piani orizzontali e ponti che costituiscono punti di osservazione sul mare ed estendono lo spazio interno dell’edificio verso l’intorno.

 

La giuria del Premio Pritzker sottolinea come Veles e Vents debba essere inteso principalmente come luogo di ospitalità temporanea per squadre e sponsor e che quindi la dimensione dell’architettura sia da commisurare al bene del luogo e della società, specificamente legato all’esigenza.

 

Quando, qualche riga fa, accennavo al fatto che le opere di Chipperfield sono disseminate in quasi tutti i continenti, non stavo scherzando. Proviamo a ripercorrere insieme alcune tappe geografiche toccate dall’architetto che, tra l’altro, è stato guest editor di Domus nel 2020 nell’ambito del progetto 10 x 10 x 10, che vede traghettare il magazine al suo centenario, previsto nel 2028, dalla collaborazione con 10 architetti di fama internazionale.

 


Chipperfield progetta tra il 1993 e il 2009 l’ampliamento e la ricostruzione del Neues Museum a Berlino, pesantemente danneggiato dai bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale. Foto © Neues Museum

 

Se nel biennio 1985-1986 Chipperfield collabora con Issey Miyake, recentemente scomparso, realizzando i progetti degli store a Londra e in cinque città in Giappone, un paio di anni più tardi lo troviamo a Nantes, a lavorare alla realizzazione del Palais de Congress. Negli anni lo studio Chipperfield lavora a diversi progetti di carattere residenziale, a Londra come a New York. 

 

Risale al 2010 l’inizio del progetto per il nuovo quartier generale di Amorepacific, la più grande compagnia di prodotti cosmetici coreana. Precede solo di qualche anno quello della nuova sede della BBC Scotland a Glasgow, volto a massimizzare il rapporto con il fiume e l’apporto di luce naturale e a valorizzare il contesto di matrice industriale a ridosso del porto.

 

A Berlino il Neues Museum trova, grazie a Chipperfield, l’occasione del completamento e della ricostruzione attesa dopo i pesanti bombardamenti risalenti alla seconda guerra mondiale.

 

Arriviamo infine in Italia: le Procuratie Vecchie a Venezia e il MUDEC di Milano sono solo due dei principali interventi a cui è possibile accennare in queste poche righe, che raccontano qualche capitolo della storia di un architetto, del suo Premio Pritzker e di una sindrome dell’impostore che, a conti fatti, non trova proprio giustificazioni. 

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