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23 luglio 2020

È possibile progettare un futuro in cui ecologia, estetica e qualità dei materiali vadano di pari passo, costruendo un perfetto equilibrio? Esigenze e aspettative emergenti pongono produttori, architetti e scienziati di fronte a sfide nuove e stimolanti.

 

Una nuova dimensione del bio: con la bioplastica ottenuta dalla lignina è possibile realizzare anche facciate di edifici: Mock-Up di Tecnaro
© Foto: Tecnaro

 

È giusto demonizzare completamente la plastica? Non ha invece una sua ragione d’essere, a patto di essere correttamente utilizzata, riciclata o smaltita? Su questo argomento i punti di vista sono spesso divergenti, anche se la strada verso un futuro fatto di prodotti realizzati prevalentemente senza plastica - in particolare senza PVC - è ormai chiaramente tracciata. Percorrerla, però, è tutt’altro che semplice. Alla base della rivoluzione c’è senz’altro un cambiamento radicale di mentalità, ovvero di modo di porsi rispetto all’uso etico delle risorse, e la disponibilità a investire in un futuro alternativo, la cui concretizzazione necessita di risorse economiche consistenti. Nonostante le difficoltà individuate, un mondo che rinuncia al portentoso materiale derivato dal petrolio è oggi possibile e porta con sé la consapevolezza di poter dare vita a progetti innovativi in architettura e nel design e, soprattutto, di modificare, rendendolo virtuoso e positivo, l’atteggiamento generale verso la materia e il suo ciclo di vita.

 


Il Metropol Parasol di Jürgen Mayer H. è stato edificato nel 2011 a Siviglia rinunciando quasi completamente alla plastica.
© Foto: Ruben Dene


C’è un’architettura recente che può essere considerata un esempio di questo nuovo percorso etico. È il Metropol Parasol di Siviglia, progettato dall’architetto tedesco Jürgen H. Mayer: un pergolato a scala urbana, considerato una delle architetture in legno più grandi del mondo. Dal 2011 è un simbolo di modernità della città andalusa, anche grazie al contenuto estremamente ridotto di plastica utilizzata per la sua realizzazione. Una resina impermeabile, traspirante e flessibile, riveste con un film di appena 2 mm di spessore gli elementi in legno della copertura, rendendoli performanti e, allo stesso tempo, minimizzandone l’impatto ambientale. Un passo evolutivo successivo vede come protagonista il cosiddetto legno fluido, un polimero naturale sviluppato dall’azienda tedesca Tecnaro. Il prodotto è perfettamente biodegradabile e rappresenta quanto può essere realizzato pur riducendo drasticamente l’utilizzo di materie plastiche. Jürgen Pfitzer ed Helmut Nägele, ideatori di questo nuovo polimero, spiegano così il loro obiettivo: “Utilizzare materie prime rinnovabili per la produzione di materie plastiche”. L’Arbofrom viene prodotto a partire da un ingrediente principale: la lignina, materiale di scarto della lavorazione industriale della carta. L’impasto del biopolimero, fluido come la plastica ma resistente come il legno, non prevede alcun impiego di prodotti derivati dal petrolio e, oltre a essere completamente ecosostenibile, ha anche un costo molto contenuto: circa 2,5 euro/kg.

 


Trarre il meglio dai due mondi: come l’acciaio e il calcestruzzo si completano a vicenda, anche il legno e la plastica si sposano perfettamente – e anche questo è all’insegna della sostenibilità.
© Foto: Varun Rajendran

 

La plastica è sin dalla sua invenzione un must indiscusso della tecnologia, con cui è possibile costruire quasi tutto: versatile ed economica, è anche semplice da produrre. Non sorprende, dunque, che il suo uso esteso sia dato ormai per scontato, senza considerare le problematiche legate alle corrette procedure di smaltimento. Inoltre la sempre minore disponibilità di materia prima, legata al progressivo esaurirsi delle riserve petrolifere, pone l’attenzione sulla necessità di cercare una valida alternativa. Il legno sembra essere oggi la più valida, anche in soluzioni che prevedono la sua combinazione proprio con la plastica. Il WPC (Wood Plastic Composite o legno composito) sfrutta ad esempio le proprietà di entrambi i materiali, miscelandoli in un composto che vede un apporto del 60% di legno e del 40% di plastica.

 


La plastica può essere ecologica? Sì, se il riciclo è effettuato correttamente! Da Kartell, ad esempio, la plastica vive una seconda vita.
© Foto: Kartell

 

Se eliminare del tutto la plastica da un processo produttivo non è un’ipotesi attuabile - per esempio nel caso in cui un’azienda, facendolo, perderebbe il suo tratto distintivo - è importante, per mantenere alto l’interesse dei clienti più attenti all’ambiente, passare alla plastica riciclata. Non si tratta però di un’impresa facile, in quanto il materiale non è più puro al 100%. Un tecnopolimero termoplastico riciclato, tuttavia, può comunque garantire un’elevata qualità estetica del prodotto e ottimi requisiti strutturali, riducendo allo stesso tempo le inevitabili emissioni generate nel corso della produzione. Nell’industria del mobile questa procedura viene già impiegata con successo con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, strumento indispensabile anche per tracciare nuove rotte future nell’ambito della lavorazione e dell’utilizzo della plastica in forma pura.

 

Traduzione da un articolo di Barbara Jahn

 

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